4/12/2019 1 Comment POESIEdiTRANSITO: A chi la trova
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7 Febbraio 2019
Non ho mai pensato di scrivere un libro, almeno per come lo si intende: progetto, fogli copertina e confezione. Non sto dicendo che non mi piace scrivere, anzi, ho sempre scritto come ho disegnato. Si tratta del senso commerciale dell'oggetto; e per fortuna sono capitato in una generazione critica che stava riflettendo molto sullo strumento e forma-contenuto libro che tutto sommato mi ha tenuto alta la tensione creativa e la riflessione formale. Solo il pensiero di rivolgersi ad un editore o all'editoria in generale come è stato lo stesso per le gallerie d'arte era avvilente. Un ingorgo d'ogni genere premeva e preme per comparire sul palcoscenico del mondo; e credendo io, in fondo, di essere una natura zen, benché abbia le mie contraddizioni, non separandomi dal desiderio, soprattutto dell'incontro e dell'ignoto; considero l'identità un fatto puramente accidentale, per meglio dire a cui non bisogna dedicare tempo più di tanto, pena l'annegamento. Si, è bello essere acqua, così piena di memoria , ma per raggiungere un'altra acqua come la fonte il mare, ricordando un siciliano mito di turistica frequentazione; e così che le parole sono la fonte e la scrittura il mare. Più volte, in più occasioni di esperienze, mi spingo o mi ritrovo alla radice di una condotta e del suo linguaggio. La prima stampa ed edizione è letteralmente da strada, per la strada e con la strada. Non l'ho cercata mi si è manifestata seducendomi come nel più ampio mito intendendolo per narrazione di volontà e psiche. E già che ho scritto anche prima della stagione self-card e ho scritto a penna; ma in quegli anni vivevo molto per la strada e sempre mi frullavano in testa dei versi. Un giorno ho visto qualcuno estrarre un cartoncino dalla macchina dei biglietti da visita e mi sono avvicinato; non le fornii neanche il denaro che forse lo aveva trattenuto da un precedente utilizzatore, tant'è che cominciai a scrivere scegliendo un modello grafico, e ad una ad una, con la pressione degli indici, le lettere s'iscrivevano nel display con una fioca luminosità azzurrina, quasi fossi sul computer di guida dell'Enterprise. Era l'invocazione alla musa “Poesiaditransito-Invocazione/O-tu-poesia-o-tu-poesia/ditransito/dimenticata-follia/rendimi-il-mito-sotto-ceneri/gravitazionali/bella/come-una-equazioneNewtoniana/ stamp.cop.16S.Babilametrò2.10.94/Vincenzo Pezzella/” In fondo scrivevo per strada di già nella mia infanzia col gessetto bianco sull'asfalto e sulle larghe piastrelle di mattoni rossi del mio cortile, sulle pareti della scala in una gara d'invenzione e filastrocche. E come fossi l'ultimo scriba registravo, alla fine degli anni novanta, la visione di quei non luoghi, quasi fosse l'ultima traccia di respiri e versi in una griglia calcolata più di ogni metrica già nota e storica. Quella scrittura aveva un tono clandestino già che forzavo la macchina e i suoi programmi che erano stati pensati per essere puramente didascalici; m'immergevo nel testo descrivendo ciò che intorno a me vivevo , un poco come al fronte segnava il nostro poeta dell'allegria e dei sassi, ma il mio fronte era ben più invisibile o/e camuffato in una sotterraneità veloce e allucinata: si trattava dell'assenza. Ho sempre pensato che la scrittura è uno stato di esaltazione della coscienza in altro modo non sarebbe possibile, i surrealisti la confondevano con l'inconscio ma la segnatura, calligrafia della lingua in uso, non permette totali spaziamenti incontrollati dell'inconscio, piuttosto di gestione del super-io, l'io di una coscienza che sa di essere in un viaggio collettivo, di raccontare un'appartenenza. 4/11/2019 0 Comments POESIEdiTRANSITO: Scrivi Scrivi...4/11/2019 0 Comments POESIEdiTRANSITO: DNA5 Febbraio 2019
Il DNA dell'uomo sta nella sua “grazia” o “epifania”; nessuno vi sfugge, anche chi non è consapevole. Tutti hanno un destino senza porte e nessuno vi può rinunciare. Pensate a tutti coloro a cui siamo legati e gli dobbiamo la vita senza averli mai conosciuti, né mai ci giungeranno loro tracce, voci, suoni o protezioni. Eppure e su questa montagna di morti che noi erigiamo il nostro quotidiano apparentemente eterno. Non è stupida cosa il concetto “primitivo” degli antenati che esprimevano gli Indios; conteneva un tono di ringraziamento che abbiamo perduto per sempre?! Vi sembrerà strano a dirsi, in fondo questo mio viaggio era spinto da un desiderio di ringraziamento; e direi che non c'è altro modo di viaggiare; ma io volevo andare là dove potevo incontrare Gilgamesh, Ulisse, Virgilio o Dante, nel tunnel oscuro dell'iper-spazio, dove loro tutti sono ancora fissi nel tempo assente, che si apre sui molti-universi; quelli che possiamo vivere anche leggendo quando il fiato si fa parola e come avrebbe detto l'aedo cieco: “l'anima gli volò come un soffio”. 4/11/2019 0 Comments POESIEdiTRANSITO: l'esplorazione5 Febbraio 2019
L'esplorazione è il nostro destino; nell'infanzia si è esploratori e lo si resta, dopo, solo nell'arte e nella scienza. Nel fondo non sono mai cresciuto, sono rimasto quel ragazzo che aveva sempre un chiodo e uno spago in tasca e si appendeva al tram. 4 Febbraio 2019
In questa polaroid sono come un protone nei fasci dell'LHC. Il circuito deve essere circolare; nessuno ipotizza che il cosmo sia quadrato. Né tanto meno i sistemi solari o le nane rosse o le galassie sono prismatici ma piuttosto una corona, un toroide, uno sferoide. Dell'universo si misura la curvatura per definirne l'ipotesi di sviluppo, insomma la nostra testa è più o meno “rotonda”, il cervello è una calotta, s'iscrive in un igloo, che strano! Della relatività si parla come curvatura dello spaziotempo, dei motori con una velocità oltre C si parla di, appunto, motori a curvatura. E in questa foto, sebbene possiedo una leggerezza più vicina a un elettrone, sono comunque nel viaggio dei circuiti della vita, come tutti, più o meno inconsapevoli, di quegli urti o sfioramenti che ci hanno fatto incontrare, condividere o separare. Un magnetismo psichico ci orienta, e, forse biologico, nella pineale che già gli egizi conoscevano e stimavano centro dell'orientamento più grande dell'individuo. Un occhio nascosto che vede più e meglio , o altro, dei due frontali puntati agli orizzonti, questi sempre lievemente curvilinei nello spazio curvo... Per tutta l'intera vita siamo particelle conduttrici che si orientano e creano campi. Girava con me, è proprio il caso di dire, un post locandina negli spazi pubblicitari dei vagoni; è dietro alle mie spalle, in cui si segnalava una mostra e una lettura che avrei fatto in quei giorni del 1995-6, nella galleria Derbylius in via dei Piatti a Milano e che oggi non esiste più; la conduttrice, Carla Roncato, è morta di cancro qualche anno fa. Quel viaggio ancora lo proseguo in altri circuiti che l'avventura mi porta, come questo, fatto di immagini e scrittura liquida e idee liquide e va bene, ogni nuova esigenza spinge in avanti l'esplorazione e viceversa; guai non fosse più così, lo zero assoluto cosmico ci sovrasterebbe; solo il movimento salva la vita, sia la meccanica celeste di Newton che quella quantistica di Bohr. Come si trasmetta il messaggio, talvolta ci resterà un mistero ma ciò che conta è provarci è tendere a quel contatto a quella condivisione, che strano a dirsi, pure questa stessa della rete, il W.W.W., è nata lì nell'LHC. |
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